il Dlgs 231/01 non introduce una responsabilità per l'ente automatica, conseguente a quella penale20/10/2017 La sentenza in commento (Tribunale di Fermo sez. pen. 28.2.2017), si mette in luce per l'efficacia con cui rimarca l'autonomia tra la responsabilità penale connessa al verificarsi dell'infortunio (il cui fondamento è rappresentato dalla violazione della normativa antinfortunistica e dal nesso di causalità tra violazione ed evento) e quella dell'ente ex D.Lgs 231/01, la cui fonte è, invece, costituita, dalla prova dell'esistenza dell'interesse o del vantaggio derivanti dalla mancata osservanza della normativa cautelare.
In primo luogo, il Giudice di Fermo sottolinea che "la disciplina dettata dal dlgs 231/01 non introduce una responsabilità connotata da automatismi (sul modello di quella civilistica), che faccia seguire alla responsabilità penale del legale rappresentante dell'ente quella dell'ente medesimo". Ne consegue, secondo la sentenza di merito, che una volta accertata la sussistenza del reato presupposto (lesioni colpose nel caso di specie), la responsabilità dell'ente possa essere pronunciata solo in presenza della "prova che l'ente abbia tratto un vantaggio dal delitto posto in essere dall'imputato persona fisica, intesa come beneficio/utilità conseguita per effetto del reato". Quanto alla definizione dei concetti di interesse e di vantaggio, il Tribunale di Fermo ne ribadisce i tratti distintivi, facendo riferimento agli ormai consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità (ed in particolare Sez. Un. 38342/2014), in base ai quali i due elementi "sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile "ex ante", cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile "ex post", sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito" Dunque, secondo la motivazione della sentenza in commento, l'esistenza del vantaggio per l'ente deve essere ricercata e provata, alla medesima stregua degli elementi costitutivi della fattispecie penale e non può darsi per assodata (rectius "per scontata"), in presenza della violazione della cautela antinfortunistica. Tale violazione, se in alcuni casi può rappresentare il primo segnale della sussistenza della c.d. "colpa d'organizzazione" e dunque dell'elemento su cui può fondarsi la responsabilità ex D.Lgs 231/01, in altri può costituire il mero risultato di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, sintomo dell'esistenza di colpa, ma non necessariamente della responsabilità dell'ente. In conclusione, la sentenza in commento insegna come l'individuazione dell'origine - intesa come ragione essenziale - della violazione divenga un elemento logico fondamentale nel percorso decisionale del Giudice, il quale, nel motivare la sentenza di condanna nei confronti dell'ente, dovrà analiticamente dare atto del processo mentale in ragione del quale abbia ritenuto sussistente uno dei criteri di imputazione oggettiva di cui all’art. 5 d.lgs. 231/01. In mancanza di tale elemento, la sentenza rischierebbe di essere ancorata ad un inammissibile principio di responsabilità oggettiva.
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Francesco Piccaglia De Eccherfrancescopiccaglia@avvpiccaglia.it Giurisprudenza
Gennaio 2019
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