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Attrezzature di lavoro non a norma: le indicazioni della commissione degli interpelli sulla possibilità di vendita

31/12/2017

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Chiudiamo l'anno commentando una recentissima pronuncia (del 13 dicembre scorso) della Commissione degli interpelli, intervenuta sull'annoso tema dell'operatività del divieto di vendere attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti. 
Come noto, l'art. 23 del Testo Unico della sicurezza vieta espressamente "la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione".
La norma persegue evidentemente il fine di impedire la circolazione di attrezzature ed altri impianti aventi caratteristiche intrinseche di pericolosità, nell'ottica di evitare che questi possano essere successivamente messi a disposizione dei lavoratori e divenire causa di eventi infortunistici,
La disposizione -come del resto molte delle norme contenute nel Testo Unico - tende quindi ad un'anticipazione della tutela penale in una fase preliminare rispetto all'utilizzo dell'attrezzatura, sulla base di una presunzione messa a disposizione della stessa da parte dell'acquirente.
Tale presunzione di utilizzo da parte dell'acquirente non ha, però, natura assoluta. 
Essa, infatti, può essere superata - di fatto ovvero documentalmente - nel momento in cui l'acquisto avvenga da parte di un soggetto al solo fine di messa a norma, di demolizione, ovvero al solo fine di esposizione al pubblico.
In questi casi, venendo meno il pericolo al cui evitamento è stata prevista la condotta cautelare (ovvero l'utilizzo da parte di un lavoratore), viene meno la tipicità della fattispecie, il che rende lecita la transazione.
In questo senso si era già espressa, qualche anno fa, anche la Corte di Cassazione, con sentenza n. 40590/2013 sez. 3, affermando che: "se è ceduto per essere riparato non c’è violazione [...] l’atto di vendita/trasferimento di proprietà ai fini della messa a norma dell'attrezzatura di lavoro, dispositivo di protezione individuale o impianto, non configuri una violazione del precetto normativo di cui sopra limitatamente alle vendite in cui l'acquirente è un rivenditore di tale tipologia di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti, ovvero un soggetto che si occupa di revisione e messa a norma degli stessi".
La Commissione per gli interpelli, rimanendo nella traccia delineata dalla giurisprudenza di legittimità conferma: "che la circolazione di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale ovvero di impianti non conformi, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio ovvero riparatorio per la messa a norma, così come la mera esposizione al pubblico, non ricadono nell’ambito di applicazione delle citate disposizioni normative, in considerazione della relativa ratio legis".
Ne consegue che, in presenza di elementi documentali (contratti, accordi, oggetto sociale dell'acquirente) in grado di escludere l'utilizzo da parte dell'acquirente, una macchina, un'attrezzatura di lavoro un dispositivo di protezione possano essere venduti anche se privi dei requisiti minimi di sicurezza previsti dalle normative. 

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    Francesco Piccaglia De Eccher

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