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La valutazione della condotta scorretta del lavoratore nel giudizio di responsabilità del datore di lavoro (Trib. Bologna n. 2303/16 del 18.5.2016)

1/9/2016

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In una recente sentenza relativa ad un infortunio su lavoro, il Tribunale di Bologna è tornato a pronunciarsi in merito alla rilevanza causale della condotta non corretta del lavoratore e sui limiti della responsabilità in caso di infortunio.
Il tema della responsabilità datoriale e della portata della condotta anomala del lavoratore nella causazione dell'evento è tutt'ora oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale.
Il caposaldo dell'attuale interpretazione è rappresentato dalla impossibilità per il datore di lavoro che versi in colpa di  chiamare a propria difesa la condotta scorretta posta in essere dall'operatore poi infortunatosi, essendo dovere del titolare della posizione di garanzia quello di tutelare il lavoratore anche dai pericoli derivanti da distrazioni od errori.
E', dunque, evidente che la condizione necessaria per un'attribuzione di responsabilità in caso di infortunio è rappresentata necessariamente dall'accertamento della violazione, in capo al datore di lavoro, di una regola di prudenza, diligenza o perizia, ovvero della normativa specifica di riferimento (esistenza di colpa generica o specifica). 
In mancanza di tale accertamento, infatti, un'eventuale attribuzione di responsabilità si risolverebbe in una condanna per il solo fatto che si sia verificato un evento infortunistico.
La sentenza in commento appare particolarmente interessante anche nella parte in cui traccia il perimetro del dovere di garanzia del datore di lavoro in maniera del tutto rigorosa.
Degno di nota appare il passaggio in cui il Giudice monocratico, ripercorrendo la dinamica dell'infortunio, individua la condotta scorretta del lavoratore quale esclusiva causa dell'infortunio, definendo "priva di pregio" l'affermazione accusatoria secondo la quale la macchina oggetto del sinistro avrebbe dovuto essere dotata di ulteriori protezioni in zone in cui non era previsto l'accesso dell'operaio.
La motivazione in commento si inserisce dunque nell'ambito della più moderna giurisprudenza in tema di diritto penale del lavoro, che, superando il datato orientamento "iperprotettivo", si sta spostando sempre più verso un'interpretazione maggiormente rispettosa del principio di affidamento e tesa ad “evitare di trasformare il concetto della condotta abnorme del lavoratore in una formula meramente retorica, destinata a non trovare mai applicazione, con il risultato di una tutela prevenzionistica iperprotettiva, in cui il datore di lavoro risponde sempre e comunque in virtù della sua posizione di garanzia, con il progressivo scivolamento verso una responsabilità meramente obiettiva se non verso una vera e propria responsabilità per fatto altrui, all’interno di una logica prossima ‘al versari in re illecita’ ”[1].


[1] tratto da relazione dott.ssa Patrizia Piccialli, Consigliere della IV sezione penale della Corte di Cassazione, fonte http://www.procuratrento.it/allegatinews/A_2986.pdf


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